Il gothic rock dei celebri (nel settore) Fields of the Nephilim "rinasce modellato" con l' introduzione di più voci femminili nelle sonorità decadenti, dilatate ma sempre melodiche come nuovo apparato stilistico del progetto del bassista Tony Pettitt, giunto al quarto album. Ora sembra di sentire gli ultimi Theatre of Tragedy. Echi mediorientali sono spesso avvertibili dalla presenza del violino di Bob Loveday. Come per il precedente e fortunato “Half life”, special guest come Lee Douglas (Anathema) presenziano le registrazioni. Nel complesso trovo l’album meno ispirato del precedente ma rimane anch’esso un buon documento della loro musica proposta. Cito l’introduttiva “Verdades” in cui vi echeggiano atmosfere orientali nel cantato spagnoleggiante! Le linee facili, melodiche e malinconiche di “Misery”. “12th night” sembra uscita dal cappello dei memorabili Fields: chitarre dilatate e mantriche con irresistibile refrain. La popeggiante “Ours again” e la ballata darkeggiante di “Let me in”. La crepuscolare ma potentissima “Words and deeds”, tra i loro pezzi più ispirati dell’intero catalogo.
Best tracks: “12th night”, “Words and deeds”. 7/10
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