Da oltre 20 anni sulle scene, sempre in continua evoluzione. Il fondatore, geniale frontman Kristoffer Rygg ha traghettato la sua “creatura allupata” prima nel black metal, poi nel trip-hop (di “Perdition City”), attraversando l’ambient e l’avantgarde (di “Shadows of the sun”) e l’elettronica cosmica e solenne (“Messe” e “ATGCLVLSSCAP”) fino ad un uso dell’elettronica più Pop, diciamo alla Depeche Mode, come in quest’ultimo “The assassination of Julius Caesar”, in cui i testi cominciano ad essere importanti e particolarmente coesi alla musica. Sono rimasto affascinato dal personaggio Rygg e folgorato dalla Musica proposta: mai banale e sempre dettagliatissima, ordinatissima. L’iniziale “Nemoralia” fa capire subito gli intenti dell’album: singolo che ha tutto per essere canticchiato e ballicchiato! Refrain e cori femminili ammiccanti. “Rolling Stone” ha una base quasi tribale, un elettronica percussiva che si contrappone al cantato, ancora corale con le voci più soul di Rikke Normann e Sisi Sumbundu. Alla fine il pezzo “impazzisce” nelle distorsioni elettroniche e chitarristiche. L’atmosfera si fa più dark nel mid tempo di “So falls the world”: sembra di sentire Dave Gahan tra i sintetizzatori più puliti e le melodie pianistiche, ma improvvisamente la band norvegese si proietta e chiude nei sentieri cosmici di Jean Michel Jarre! Ancora un bel pezzo da potenziale hit-single ("Southern gothic") è proposto magistralmente da Rygg per introdurre quello più inquietante e siderale dell’intero platter: “Angelus novus”. Loop spaziale e refrain irresistibile ne fanno un piccolo gioiello. L’atmosfera si alleggerisce con la seguente “Transverberation”, anche troppo. Ci pensa “1969” a tornare su territori più astrali. Sembra di ascoltare i grandi M83: atmosfere dilatate e ben definite con un cantato molto “eighties”. A chiudere ci pensa “Coming home”, il pezzo più astruso e complesso. L’iniziale atmosfera onirica ed ipnotica prende poi una direzione più decisa ed occlusa di ogni “stramberia”, in cui anche il sassofono presenzia e firma magistralmente un vero Kraut-Rock d’annata. Direi un gran bel disco, ispirato, coeso e ben prodotto, e aggiungerei anche che gli ULVER sono tra le realtà più interessanti di una Musica che propone idee vere, evocative ed emozionali.
Best tracks: "Angelus novus", "Coming home", "So falls the world". 8/10