Dopo poco meno di 2 anni dal poco convincente “These systems are falling” il polistrumentista newyorkese partorisce un album meno gridato del precedente ma ne mantiene le basi stilistiche.
Già l’opener “Mere Anarchy” rimanda ad atmosfere tirate e claustrofobiche, la voce sussurrata ed un potente tappeto synth la rendono convincente e coinvolgente. Suoi “cavalli di battaglia” sono l’innesto delle voci femminili tra il suo cantato (“The waste of suns”) o il suo rappato (“Like a motherless child”, molto bella). La noiosa e risentita “The last of goodbyes” precede “l’inutile” “The ceremony of innocence”. Dopo la stanca “The tired and the hurt” finalmente è la voce Apollo Jane a riaccendere le attese nel contesto di una musica rarefatta che corrisponde a “Welcome to hard times”. La noia di “The sorrow tree” lascia spazio alla piu convincente e vocoderizzata “Falling rain and light”. La risentita “The middle is gone” e la sterile “This wild darkness” preparano il finale di “A dark cloud is coming”. Solo qualche sporadica intuizione interessante in un quadro sonoro che conosciamo già bene di un Moby un po’ stanco.
Best tracks: “Mere Anarchy”, “Like a motherless child”, “Welcome to hard times”. 6/10