La band norvegese giunge al suo quindicesimo anno di splendida attività proponendo un originale Rock progressive di chiara cultura nordica: attenzione alle melodie (melanconiche), arrangiamenti articolati e privi di solos, gusto classico per pianoforte e violino a trascinare il cantato del leader Jan Henrik Ohme.
Ancora un disco sussurrato e con continui saliscendi ritmici; ne è la prova l’iniziale “Soyuz one”: l’arpeggio ipnotico si intreccia alla voce sussurrata di Ohme e alla breve melodia pianistica fino ad esplodere con il chiaro e portentoso sostentamento della sezione ritmica…è un pezzo che acquista i giusti apprezzamenti dopo ripetuti ascolti. “Hypomania” sembra uscita dal cilindro di Thom Yorke dei Radiohead in studio con i Muse. I ritmi si placano e le note di piano e violino riprendono il tema (musicale) centrale con la splendida, breve “Exit suite”, un affresco alla Monet musicista! La successiva “Emperor Bespoke” propone ritmiche più folkeggianti con la presenza timbrica di banjo, violino e piano che galoppano vicendevolmente rispettosi in un atmosfera dal sapore tipicamente scandinavo. “Sky burial” accenna uno spostamento ad Oriente ma gli archi dichiarano il pezzo più strettamente cinematografico, e le note ipnotiche del piano ne accentuano la drammaticità. “Fleeting things” è padroneggiata dai vocalizzi di Ohme ma resta comunque abbastanza anonima, nonostante i temi trattati siano nobili e complessi. I saliscendi ritmici e l’epicità melodica, come marchio di fabbrica della band, sono tutti compresi nella successiva e bellissima “Soyuz out”. Il gioco (sapientemente) intrecciato di archi, cori, batteria elettronica, ritmica potente e basso pulsante, samples e chitarre elettriche distorte rimandano a pezzi epici come “Dream of stone” o “Upside down”, ma se serviva l’effetto sorpresa, il finale, prima jazz e poi floydiano con tanto di mellotron d'annata, è servito! “Rappaccini” chiude brillantemente e melanconicamente un disco piacevole. Sicuramente il migliore dai tempi di Tik Tok (il mio preferito), l’unica pecca resta nella sostanziale incapacità della band di sperimentare ancora nel loro ben tracciato stile che hanno saputo conquistare.
Best tracks: “Soyuz one”, “Soyuz out”, “Rappaccini”. 7/10