L’attesa è finita. Il nuovo album dei Tool è servito dopo ben 13 anni! Il loro quinto dall’esordio datato 1993 si arricchisce di cyber-atmosfere, maggiore utilizzo dei sintetizzatori ed il cantato di Keenan di pura modulazione. I fan sono stati premiati anche da un packaging della confezione (limited edition!) sensazionale: grafiche e contenuti deluxe con incluso schermo e video per un immersione totale all’ascolto. I Tool hanno sempre curato il loro visual ed anche i loro spettacoli live si manifestano come eventi multimediali. La title-track apre il disco senza clamori particolari, una perfetta sintesi del loro sound tenebroso, tribale, astruso; Keenan accompagna, sussurra, quasi imbastendo in alcune sezioni un motivo rap, poi è la ritmica a farla da padrone sul motivo di Adams ripetuto per tutto il pezzo. Decisamente più interessante e coinvolgente la successiva “Pneuma”, un riff cadenzato, lento ed oscuro inseguito perfettamente dal cantato… per poi divagare tra atmosferici inserti synth che sfociano invitabilmente in un finale “arriffato” e arrabbiato. “Invincible” apre con un atmosfera sospesa, percussioni e basso di Chancellor in evidenza poi succede improvvisamente qualcosa di geniale: Jones attracca note chitarristiche e poi un motivo sintetizzato ci catapulta in un universo lisergico, prima con il vocoder di Keenan, poi le bacchette magistrali di Carey disegnano percorsi in levare davvero travolgenti. La successiva “Descending” sembra essere il pezzo più “armonicamente corretto”, alla “Perfect Circle” per capirci, ma dopo i primi 5 minuti sale in cattedra Adams che tesse trame chitarristiche avvincenti, direi meglio spaziali, perché nel finale sembra di essere entrati in universi oscuri tra solos e wah-wah di un Adams compositivamente in grande spolvero. L’iniziale atmosfera pacata di “Culling voices”, costruita su lungo arpeggiato di Adams, si spezza quando Carey si dimostra stanco di aspettare! La strumentale “Chocolate chip tap” è una gemma lisergica e percussiva di Carey, che sfodera tutta la sua creatività. La chiusura è affidata a “7empest” e sembra voglia “sintetizzare” (!) da sola l’intero lavoro. Un pezzo aggressivo, a dire il vero un po’ confuso, in cui emergono lunghi intermezzi strumentali, quasi da jam session…anche molto belli. Era il settimo pezzo, ed il 7 sembra riproporsi costantemente sia a livello musicale (ritmica) che concettuale. Per dire che i Tool non lasciano nulla al caso, i Tool vogliono essere oltre la Rock-band: la simbologia ed i testi impegnati, a dispetto "dell 'autodistruzione dell’uomo” e dell' impossibilità "di galleggiare all’infinito”, loro vanno avanti, lentamente ci portano un altro piccolo capolavoro.
Best tracks: “Pneuma”, “Invincible”, “Descending”. 8/10