Inarrestabile la sua produzione musicale, ora sempre più impegnata nel sociale. Con “All visible objects” si torna alla formula che lo ha portato al successo: tecno-dance-ambient molto avvicinabile a quel sottovalutato “Destroyed” di quasi un decennio fa. Subito l’inno tecnopercussivo di “Morningside” per una dance tribale ed anche suggestiva, perché Moby sa come essere originale e fare un disco che “acchiappi”, per questo trovo interessante l’utilizzo di un inspiegabile organo. Una frase, stile “Porcelain”, ai tasti d’avorio è la struttura portante della bellissima “My only love”, che alla sublime voce di Mindy Jones annovera tappeti tastieristici davvero coinvolgenti. Ancora tecno-dance tribale con “Refuge”. “One last time” è lo standard classico del disco: atmosfera ambient e voci sintetizzate e sussurrate. Con la successiva “Power is taken” si torna ad una tecno molto cibernetica, e chi avesse bisogno di un momento più riflessivo è accontentato dall'interpretazione vocale di Apollo Jane in “Rise up in love “. Da questo momento i pezzi diventano sempre più ambient ed eterei: bellissima “Forever”, in cui vi confluisce tutto il repertorio del Moby ipnotico, ed interessante anche la più intima e fin troppo lunga “Too much change”. C’è spazio anche per l’ambient più minimal di “Separation”, un piano puntellato nello stile di Brian Eno. “Tecie” è un ulteriore viaggio ipnotico tra sommessi ritmi tribali e stilosi tappeti tastieristici. Il finale è sviluppato da un lungo e lento fraseggio al pianoforte potenziato da un synth che evochi anche quel tono drammatico alla malinconia generale di questa “All invisible objects”. Bel disco ma senza picchi che si lasciano ricordare a lungo.
Best tracks: “My only love”, “Forever”, “Tecie”. 7/10