Della loro lunga discografia e vita artistica possiamo affermare tutti che gli ultimi 20 anni hanno visto solo “Magnification” loro degno testimone artistico. Dopo 7 anni dal deludentissimo “Heaven & Earth” i nostri eroi (e sono tanti perché tanti i cambi di formazione) ci regalano l’ennesimo capitolo, con il consolidato Jon Davison, alter ego del mitico Jon Anderson. La partenza di “The ice bridge” è sensazionale, un pezzo magistralmente legato tra epicità, modernità e storia. Downes è ispiratissimo tra i synth e non da meno Howe nel suo fraseggio chitarristico. La linea melodica e portante della prima chitarra dialoga meravigliosamente con la seconda (ma è sempre Howe, l’ispiratissimo) e con i virtuosismi tastieristici di Downes, un incedere sostenuto dal basso portentoso di Sherwood. Davvero un pezzo già memorabile. “Dare to know” allevia i ritmi e ci conduce nei viaggi pindarici che hanno reso celebre la band. Forti sono i richiami seventies con orchestrazioni che si intrecciano nell’articolatissimo tessuto chitarristico dal sapore cinematografico. Complimenti! Le stesse atmosfere proseguono in “Minus the man” ma con idee decisamente più spente. Dal lontano Oriente sembra partire “Leave well alone” per poi subire innumerevoli trasformazioni: catchy anni 80, linee vocali che rimandano a “Starship trooper” ed incredibile lavoro di Howe sempre a collegare tutto. Interessante. Downes prova ad imbastire qualcosa per far decollare la successiva “The western edge”, ci prova anche la slide di Howe ma resta lo stesso abbastanza impantanata. Un delicatissimo brano acustico, arrangiato magistralmente, è “Future memories”, che gioca tra cori che si avvicendano in falsetto a Davison. “Music to my ears” la vedo più come demo delle prove vocali di Davison, capace di costruire da solo atmosfere come faceva Anderson, ma non posso negare il lavoro, soprattutto finale, degli arrangiamenti, tra archi, piano e cuciture tastieristiche varie. Il finale è affidato a “A living island” dove Davison alza ulteriormente il tiro creando un pathos meraviglioso. Il pezzo si avvale di un bel contributo di White nel drumming ed il solito Howe che spazia magistralmente tra i timbri diversi che lo hanno reso celebre. I tre brani del bonus CD sono anonimi. Un bel disco, con molti spunti interessanti e suonato alla grande. Best tracks: “The ice bridge”, “Dare to know”, “Leave well alone”. 7/10
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