L’astronave ultracinquantenne è diretta ormai dal solo Thorsten Quaeschning sotto la supervisione della vedova del celebre timoniere Edgar Froese, Bianca Acquaye. A coadiuvare Quaeschning c’è Paul Frick e ancora Hoshiko Yamane, ad occuparsi degli archi. Scompare da qualsiasi credito Jerome Froese, il figlio da subito restio a far proseguire il viaggio musicale fondato dal padre, scomparso nel 2015. A precedere questo nuovo lavoro c’era stato l’EP “Probe 6-8” da cui vengono inclusi alcuni pezzi. “Continuum” apre l’album con un bel motivo al sequencer trainante ed a cui si aggiungono altre “voci di risposta”, il compito di lievitare subito l’ascoltatore è riuscito. Con “Portico” il tema si fa più complesso ed articolato pur restando ben sospesi dal suolo terrestre, il pezzo è a firma anche di Edgar Froese e non credo sia un caso che risulti così bello. I 19 minuti della successiva “In 256 Zeichen” sono occupati da lunghi tappeti sonori, intermezzi di violino, percussioni, note da DX7 che rimandano al periodo 80 e 90 ed un timido sequencer di base. Queste ariosità si perdono con “You are always on time”, l’atmosfera si fa più tenebrosa ed inquietante ma mai decisiva per un ripetuto giro armonico che non convince perché paradossalmente troppo dissonante. “Along the canal” invece sembra da subito un pezzo più compiuto, sapientemente costruito per un immersione forestale, ricca di canali, di acqua che sgorga e scintilla. Dopo l’ibrida, minimale e forse inutile “What you should know about endings” si arriva alla conclusiva “Raum”, che ha il contributo ancora di Edgar Froese. Parte come “In 256 Zeichen” ma nonostante l’incedere si faccia poi più frenetico non decolla mai, consiglio invece la versione “Gran River remix” su “Probe 6-8”, dove i sequencer sono molto più prominenti ed efficaci. Nonostante qualche bella “intuizione” non è un disco che si farà particolarmente ricordare. Best tracks: “Continuum”, “Portico”, “Along the canal”. 7/10