Il primo album solista dell’artista inglese dopo la dipartita dai primissimi Depeche Mode, gli Yazoo con Alyson Moyet e gli Erasure. Il contributo all’elettronica non si evince solo dal numero di dischi pop venduti negli eighties ma anche dal riconoscimento di un certo Jean Michel Jarre che lo ha voluto co-autore di un pezzo (“Automatic”) nel suo album “Electronica 1”. Musicista sempre fuori dalle righe e sperimentatore, convoglia anche in questo lavoro una modalità molto personale di produzione: compone i pezzi nel suo studio di New York con il solo sintetizzatore modulare Eurorack e la daw Logic Pro. L’inizio è una sequenza mononota con un drone algido e discreto di sottofondo ad imbastire una generale sacralità cosmica al pezzo. Dopo “Cathedral” l’atmosfera di “White rabbit” si fa più ipnotica e compulsiva attraverso l’accelerazione di un arpeggiatore, puntellature sonore qua e là che culminano con percussioni tribali. Direi un grande inizio! Caroline Joy presta i suoi vocalizzi con cui si apre “Passage” supportata da pad artici che ne accentuano il mondo onirico in cui siamo già catapultati. “Imminent” è una nota ipnotica ed inesauribile che ci intrattiene per quasi 5 minuti. Più cinematografica si apre “Red planet” con mitragliate spettrali in un atmosfera di angoscia e desolazione da fantascienza. Il cello evocativo quanto “impazzito” di Reed Hays introduce “The lamentations of Jeremiah”, introduce , dirige e finisce. “Mitosis” evoca invece l’inizio floydiano di “Shine on” per poi dimenarsi nel sequencer ipnotico degli inizi. “Blackleg” è un lamento vocale quasi folk che destabilizza non poco dopo un universo di kosmische music ed ambient senza ritmo o melodie. Infatti con “Scarper” si ritorna subito alle “origini” con un nuovo drone che lentamente cresce e si impossessa dello spazio questa volta con ritmo cadenzato anche dalla chitarra di Steve Walsh. “Last transmission” fa un po' il verso alla precedente “Imminent”, una pad che va e viene tra gorgheggi sonori di quell’ algida desolazione che ha nutrito l’intero album. Direi un gran bell’album costruito ad arte, da apprezzare con le giuste accortezze.
Best tracks. “White rabbit”, “Passage”, “Red planet”. 8/10
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OZRIC TENTACLES in tour:
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