La loro lunga discografia ha visto l’apice del successo artistico e commerciale con “Your wilderness” che coincideva con l’entrata nella line up del batterista dei Porcupine Tree Gavin Harrison. Da quel momento anche la rotta stilistica è cambiata facendo tanto l’occhiolino a pezzi sempre più brevi ed accessibili. Non discuto troppo la scelta ma quello che posso ahimè constatare è che con la nuova formula si è persa la magia ispirativa e gli ultimi pezzi sfornati (parlo degli ultimi 8 anni) sembrano non dire più molto compositivamente. Tracce belle, sia chiaro, ma non fanno gridare al capolavoro o alla novità che entusiasma. Anche quest’ultimo lavoro resta in linea con i suoi due precedenti. Iniziamo con la cadenzata “Put it right”, lavoro percussivo di Harrison e puntellatura al piano sul cantato ritmato di Soord, asciutta e cruda anche dopo le dolci schitarrate. “Rubicon” è una fotocopia delle pop-song di successo contenute in “Magnolia e “Your wilderness”, con ritornelli ormai stucchevoli. “It leads to this” prosegue sulle stesse sonorità ma non si può negare sia più coinvolgente. Il refrain è più azzeccato ed è ha una pad di fondo che non lascia affatto indifferenti. Poi anche un bel lavoro finale con l’elettrica slide. Altro pezzo interessante è la successiva “The frost”, un mid tempo che esplode con il riffone chitarristico e comprensivo di un bell’intermezzo strumentale in cui emerge il basso di John Sykes ed il solito Harrison. La sostenuta “All that’s left” non contiene alcuna novità, suonata egregiamente ma non si farà certo ricordare. “Now it’s your” è un ossessivo gioco sul cantato, il richiamo “I can’t believe we ran away” si fa ricordare sopra una musica asciuttissima. Con “Every trace of us” Soord comincia a stancare: o cambia cantato o inserisce della musica. La bella “To forget” chiude l’album e direi finalmente, perché iniziava ad annoiare alquanto. Purtroppo il potenziale notevole dei musicisti è rimasto bloccato in una formula che alla lunga non può durare e se non osano e sperimentano credo al prossimo capitolo non raggiungeranno più neppure la piena sufficienza. Questo disco possono ascoltarlo piacevolmente chi non li ha conosciuti prima, molto prima.
Best tracks: “Put it right”, “It leads to this”, “The frost”. 6/10