Ancora un bel lavoro di questo pianista ormai affermatosi come guru di una "new age” emozionale e raffinatissima. Si accompagna da Daniel Hope al violino e la Amsterdam Sinfonietta per calibrare ancora brani di grande fascino: “Petricor” è la giusta apertura per il suo marchio di fabbrica, melodia ed incedere ipnotico. Il resto scorre all’interno di un viaggio dolce e contemplativo con picchi, discese, risalite che mai ne deturpano l’armonia complessiva ma anzi l’arricchiscono. “Four dimensions” è quel qualcosa di sussurato che lo si capisce solo se ci si abbandona. “Elements” sviolina una piacevole inquietudine, in “Twice” due voci sembrano parlarsi al battere continuo, uguale ed inespugnabile del tempo. “ABC” è il suo struggente dna pianistico, fatto di ampi spazi e lunghi tempi in cui il timbro emerge nella sua bellezza e ricchezza. Le puntellature di “Mountain” e l’arpeggio sospeso di “Song for Gavin” non fanno che completare nel migliore dei modi un altro bell’album, forse il migliore se qualcuno volesse iniziare a conoscerlo.
Best tracks: “Petricor”, “Four dimensions”, “ABC”. 7/10