Gli Anathema anellano un tris di capolavori tra il 2003 ed il 2012, trovando la giusta formula stilistica e compositiva. Dopodiché commettono il grave errore di pensare che la stessa debba essere vincente all’infinito. Le perplessità di “Distant Satellites” vengono infatti confermate ed evidenziate da quest’ultimo “The optimist”, che di ottimista dovrebbe avere davvero poco! La band continua a proporre i pezzi con la stessa formula: rock melodico contenente in apertura il pezzo veloce alla “Thin air”, la ballata stucchevole andante alla “Dreaming light”, lo pseudo prog alla “The storm before the calm”, l’elettronica di “Closer”… album con la stessa struttura. Le intenzioni conclamate dei protagonisti lo vogliono come sequel più dark di “A fine day to exit” ma il risultato non ne mantiene la linfa creativa e la purezza compositiva. I pezzi sono piacevoli, sia chiaro, ma nulla aggiunge e nulla entusiasma nel contesto della loro già ricca e bella discografia. La noia del single “Springfield”, di “Ghosts”, di “Wildfires”, è attutita da “Endless ways” in cui vi spicca la bella voce di Lee Douglas, il crescendo ipnotico (“marchio di fabbrica”) della title track “The optimist” e della più effettistica “San Francisco”. Ci sono anche pezzi più tirati che rimandano all’indie di Interpol o anche ai Radiohead, soprattutto per l’utilizzo della batteria: “Leaving it behind” e “Can’t let go”. Interessante la seconda metà un po jazzata della sussurata “Close you eyes”. L’album è chiuso giustamente dalla melodica quanto scontata “Back to the stars”, sintesi cruda e crudele di quanto finora esposto.
Best tracks: "Endless ways", "San Francisco", "The optimist". 7/10